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Nomi, cognomi e soprannomi

7 Dic

Ogni qual volta devo lasciare il mio cognome a qualcuno, la prima reazione che questo groviglio di lettere suscita è un’esclamazione interlocutoria del tipo…. COME??????
Ad esempio: “Pronto Pizzeria. Ok, una margherita e una patate e salsiccia. Indirizzo? Cognome? …..COMEEEE??????”
E questo è solo uno dei casi, ma ce ne sarebbero molti altri.

Vogliamo parlare del mio indirizzo mail del lavoro? E’ di quelli classici: nome.cognome. Ecco, la lunghezza del cognome in questo caso manda l’interlocutore in confusione, generando una reazione del tipo: “TUTTO ATTACCATO?”. Che io dico… si è mai visto un indirizzo mail con gli spazi in mezzo? Appunto.

Anche la targhetta del citofono mi hanno sbagliato. C’è un punto al posto di una “i”. (E lasciamo perdere l’elasticità mentale dimostratami da chi, quando l’ha notato, mi ha domandato se il postino mi lasciava ugualmente la posta).

baby

Adesso, voglio dire, si tratta di 14 lettere, mica di un endecasillabo dantesco.

E allora mia madre, che le madri sono sempre previdenti, quando nacqui ci diede subito un taglio. Si, con un nome breve. Che in 5 lettere fa la sua gran bella porca figura.
E’ tutto lì, non puoi abbreviarlo perché è già corto. Anzi, al limite puoi allungarlo, aggiungendoci un vezzeggiativo tipo “ina” o “etta” o “ottola”.

Già, perchè, paradossalmente, se hai un nome corto vedrai che trovano il modo di allungartelo. Se ce l’hai lungo, si trasforma subito in un diminutivo.

Al nord, no? Al nord per esempio storpiano tutto.
Ti chiami Lorenzo? Ecco, nessuno dei tuoi amici ti avrà chiamato con quel nome per più di 3 volte in vita tua. Anzi, se ti chiamano con il tuo nome manco ti giri… tu per tutti loro sei LOLLO. E ti hanno convinto a tal punto che perdi pure tempo a cercare Lollo sulla lattina della Coca Cola e sul barattolo di Nutella.

lorenzo

Ma anche i cognomi da queste parti subiscono spesso delle trasformazioni, diventando più fighi, più internazionali. Il mio è stato pragmaticamente sintetizzato in 5 lettere.

Al sud , invece, la tradizione vuole che tu abbia due nomi, come minimo. Pure tre, se non è troppo disturbo.
Il primo nome? Scordatelo! Tu sarai chiamato con il secondo, tra l’altro quello più brutto che sono riusciti ad appiopparti. Un nome tramandato per decenni, che alla fine vi chiamate tutti uguale.

Per concludere, io ho il nome di mio padre, al femminile. Frutto di uno stratagemma materno per ovviare a delle scelte che mi sarebbero costati minuti preziosi di spelling.
Un escamotage che mi ha permesso di trarre più di un vantaggio: da piccola ero l’unica bambina ad avere una carta intestata (mi bastava taroccare quella di mio padre, aggiungendo una zampetta alla “o” finale) e tutti gli anni il giorno del mio onomastico si concludeva con uno scambio di regali tra me e il mio vecchio.
Puntualmente lui comprava un regalo a me e io chiedevo a mia madre di comprarne uno per lui.
Eheh, c’ho il cognome lungo io! 😉